di Matteo Bellocchio
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Questo articolo fa parte della trilogia sull’Islanda. Questi sono gli altri due link:
– ISLANDA d’inverno: 7 giorni, in due, con 700 euro a testa
– ISLANDA d’inverno: itinerario di 7 giorni, 1800 km tra bufere di neve e raffiche di vento
Piove. L’ipnotico rumore delle gocce che picchiettano sul tettuccio è cadenzato dalle violente raffiche di vento che ci minacciano da oriente. Abbiamo appena parcheggiato, e il canyon Fjaðrárgljúfur non sembra poi così distante. Ma piove. Forte. E c’è vento. Fortissimo. Il sentiero scompare quasi subito, sommerso da un mantello bianco regolare. La neve e il freddo fanno da anfitrioni, noi siamo gli ospiti e ci dobbiamo adeguare alle loro usanze. Procediamo in salita, su lastre di ghiaccio e pozzanghere gelide, avanzando piano con passi incerti e malfermi: l’Islanda invernale ci sta avvertendo che è lei a comandare.
L’inverno ha pietrificato la vita, mentre il mondo attende il risveglio. La neve, la cascata, le nuvole e il silenzio stesso sono come sospesi. Un giorno tutto ricomincerà. Il calore scenderà dal cielo e il flusso primaverile gonfierà i tessuti della Natura. Ma non è ancora tempo.
Recuperiamo la magia della lentezza, che diventa quasi terapeutica contro i sintomi della frenesia a cui siamo assuefatti. Diventa una sfida ai ritmi quotidiani, e ci ricorda che un’alternativa c’è. Materiale e spirituale.
Il rapporto dell’uomo con Madre Natura è un rapporto difficile. È un rapporto asimmetrico, dove le interminabili giornate di luce estive si contrappongono ai brevi scorci invernali, in cui le tenebre incidono profondamente sui ritmi di vita degli abitanti. Sono giornate che passano all’erta, spesso monitorando i repentini cambi di umore del meteo, assecondandone i capricci e sfruttando i rari momenti di pace che concede.
La storia dell’Islanda parte da lontano. Millenni prima della mitologia norrena e delle sanguinarie saghe vichinghe.
Non è la storia dell’uomo quella a cui bisogna guardare per capire, ma è quella geologica quella a cui bisogna rivolgerci per cercare di capire: una continua battaglia con gli elementi del cosmo, che dagli albori caratterizza questa remota zona del globo.
È una battaglia che ha lasciato segni profondi. Sulle coste, soprattutto quelle settentrionali, frastagliate dagli innumerevoli fiordi che interrompono la dolcezza della linea e ne allungano a dismisura il perimetro. E poi nel cuore, dove gli altopiani centrali sono abitati solamente dagli innumerevoli ghiacciai che si contendono il tempo e lo spazio.
È una storia geologica forgiata da continui cambiamenti, come ad esempio le vecchie scogliere, ora distanti chilometri dal mare. I fiumi che nascono dallo scioglimento del ghiaccio primordiale si gettano incuranti dalle loro sommità per raggiungere la libertà attraverso le pianure sottostanti. È uno spettacolo unico, una scenografia naturale dipinta di mille cascate e vaporosi salti che rendono la guida particolarmente eccitante. Una guida che si adagia su strade infinite, deserte ma non desolate, a tratti pericolose ma pregne di mistero.
Sono strade che si perdono verso il nulla, che sfiorano le poche zone abitate dell’isola. Anche in questo caso è un rapporto asimmetrico e sbilanciato, e fortunatamente lo è dalla parte della Natura. L’opera dell’uomo appare timorata ed effimera. I villaggi presentano abitazioni a un solo piano, una specie di prefabbricati senza radici. Sono soluzioni temporanee, quasi che l’animale più pericoloso sia solo di passaggio, per evitare di disturbare la Madre Terra. Una Natura che fa da padrona indiscussa, che detta i tempi anche a noi viaggiatori. Qui non ci sono attrazioni artificiali, ma solo meravigliosi monumenti naturali.
La difficoltà deriva anche dalle parole. Sono parole lunghe, complesse, interminabili, ostili. Noi latini facciamo fatica. Le familiari 21 lettere non bastano, e talvolta neanche le cinque aggiuntive riescono a venirci in soccorso. Non è servito l’influsso anglosassone e neppure la rivisitazione rinascimentale del nostro alfabeto. Dobbiamo arrenderci e accontentarci dell’assonanza e della somiglianza. Segni come ø, oppure þ, o i diacritici ð, ed æ, sono riconducibili più alle antiche rune nordiche della mitologia scandinava, piuttosto che ai retaggi dei primi vescovi missionari. Costoro si adattarono, e la cristianizzazione venne caratterizzata da un sincretismo religioso che escluse gli episodi di conversione violenta che si registrarono nei coevi paesi baltici. Perlomeno fino al successivo arrivo dei norreni. Il contatto con questa terra si ammantò di misticismo: l’uomo riuscì a sconfiggere l’oceanus innavigabilis, e le intemperie atmosferiche ad esso collegate.
Ma l’Islanda è soprattutto magia. Lo è nella nostra infruttuosa ricerca della Madama Danzante, quell’aurora boreale avvolta nel mistero: ed è proprio la difficoltà nell’avvistarla a renderla così speciale. Ma c’è anche un altro aspetto da tenere bene a mente, e faccio ancora mie le parole di Sylvain Tesson:
Il ghiaccio e la lava sono elementi magici. Entrambi hanno subito l’influsso metamorfico di un altro elemento. Il gelo dell’aria ha fatto rapprendere l’acqua trasformandola in ghiaccio; il calore del fuoco ha fluidificato la roccia e l’ha mutata in lava. Entrambi si trasformeranno di nuovo quando il riscaldamento dell’aria distruggerà il ghiaccio e il raffreddamento dell’acqua pietrificherà la lava.
E via così, in un continuo e perenne gioco alchemico di Madre Natura: ci piace pensare che si stia prendendo gioco di noi piccoli umani, che ci stia almeno considerando, ma in realtà le siamo insignificanti. Siamo ospiti temporanei ed effimeri, quando ce ne renderemo finalmente conto?
Questo articolo fa parte della trilogia sull’Islanda. Questi sono gli altri due link:
– ISLANDA d’inverno: 7 giorni, in due, con 700 euro a testa
– ISLANDA d’inverno: itinerario di 7 giorni, 1800 km tra bufere di neve e raffiche di vento
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